di Manuela Rossetti - Maurizio Guiducci
Pubblicato su Work Dogs

Dalla parte del lupo - inserto Work Dogs

INTERVISTA DI MANUELA ROSSETTI E MAURIZIO GUIDUCCI
TESTO DI MAURIZIO GUIDUCCI

E' stato un colloquio di più di un'ora e mezza con postilla di scambio d'E-mail. Il Prof. Boitani ci ha ricevuto nel suo studio presso l'Università 'La Sapienza' di Roma. Gentilissimo sin dal primo approccio telefonico, si è reso disponibile alle nostre domande su tutto ciò che ruota tra cani e lupi e le domande sono presto divenute una piacevole conversazione, con digressioni, aneddotica e semplice scambio d'impressioni oltre che riferimenti ovviamente scientifici.

La nostra curiosità verteva principalmente sui cani, in particolare sui 'nostri', Laika Occidentale e Siberian Husky, ce ne scusiamo con i lettori ma d'altra parte sono i cani che meglio conosciamo, e su alcune loro motivazioni comportamentali; i discorsi sono andati ben oltre...
Il lupo, il cane, e molte parole dette ed ascoltate; in questa maniera cercheremo di raccontarvele.
Presentare il Prof. Luigi Boitani per molti appassionati cinofili è inutile. Una delle massime autorità in campo di lupi; è giunto ad una conoscenza di massa attraverso il suo libro 'partigiano', oltreché scientifico, 'Dalla parte del lupo' già edito circa venti anni fa da Mondadori ed ora nuovamente nelle librerie per le edizioni Ethel quale lettura per le scuole medie. E dal lupo, inevitabilmente dovevamo cominciare...

IO SONO IL LUPO, IMPRONTE SULLA NEVE, IMPRONTE PRESTO CANCELLATE

E di lupo parliamo, 'l'attimo mai carpito'. Il lupo, difficilmente osservabile, difficilmente raggiungibile; animale che compie spostamenti amplissimi e veloci, con branchi composti da poche unità, di difficile localizzazione e "grandemente disperse sul territorio". Questo discorso tornerà spesso durante il nostro colloquio, quasi ogni volta che si vorrà sviscerare un atteggiamento canino alla luce del suo parente selvatico. Il lupo, 'l'attimo non compreso'. Boitani ci dice che frequentemente sono solo osservazioni di passaggi, di tracce; marcature d'animali che poi andranno seguiti. Spesso osservazioni con aerei; ed allora i lupi lì, a guardarsi intorno, ad alzare la testa al cielo e nuovamente non osservabili nelle loro normali attività. L'unico nucleo, studiabile tutta l'estate per un mese, per questo rarità ed eccezione, è quello di Ellesmere nel Nord del Canada, ampiamente all'interno del Circolo Polare. Lupi artici che per un periodo breve si ritrovano nella stessa zona. Forse il Prof. Boitani non amerà particolarmente questo nostro modo di raccontare il lupo, tanto fuori dall'approccio scientifico, molto nel mito, ma per un attimo c'è piaciuto pensare all'ultima anima del bosco inafferrabile ed invisibile, qui, da noi. Ne chiediamo scusa.
Ed allora la situazione attuale del lupo italiano; con nessun'altra domanda potevamo iniziare con una persona che ha dedicato gran parte del proprio tempo ad osservare, catalogare, girare mezza Italia nello studio dei lupi. Il nostro riferimento inevitabilmente erano i dati riportati sul suo libro. Una situazione che è migliorata, "anzi ha continuato a migliorare come già vi erano stati dei segnali sin dai primi anni ottanta". "Ora il lupo è distribuito dalla Calabria (Aspromonte), alle Alpi Occidentali (Val di Susa) e fin forse al Parco del gran Paradiso". "La stima totale è difficile farla ma siamo su circa cinquecento animali" ed è quindi migliorata notevolmente dal centinaio di venti anni fa. Qui la nostra curiosità ci porta a chiedere se nella nostra zona (monti Simbruini, centro Lazio) esista la presenza di questo selvatico. Veniamo così a sapere che è documentato un nucleo stabile nelle vicinanze di Tivoli (alle porte di Roma), proprio vicino l'autostrada Roma - L'Aquila. "Poi, insomma, il lupo si muove a velocità notevole con grandi dispersioni sul territorio...". E l'ombra che scende leggera, il Cacciatore, spesso preda, balena di nuovo nei nostri pensieri.

FIGLIO DEL LUPO, FIGLIO RUBATO, ORA DEVOTO

Il lupo ed il cane sono la stessa specie. "Una popolazione domestica del lupo". Ci viene da pensare al famosissimo e spesso citato libro di Lorenz 'E l'uomo incontrò il cane', un piccolo testo divulgativo scritto da chi può essere definito, non a torto, il padre della moderna etologia. Un testo un po' datato nel tempo. Qui lo scienziato tracciava una probabile origine del cane di tipo polispecifico, facendo risalire la nascita di alcune razze canine al lupo, altre allo sciacallo. Veniamo a conoscenza che "lo stesso Lorenz fece poi marcia indietro su queste conclusioni". E' bene saperlo. Quindi il cane discende direttamente dal lupo, anzi è un lupo domesticato e se introduzioni di sangue da altre specie ci sono anche state, esse sono "assolutamente irrilevanti"; soprattutto quel che è avvenuto è stata "l'immissione di lupo più volte". Così torniamo al cucciolo che (idealmente) un cacciatore di quindicimila anni fa riporta, dopo una battuta di caccia all'accampamento, all'affinità sociale tra le specie dell'uomo e del selvatico, al linguaggio che nei cuccioli di mammifero spesso travalica le barriere di specie, ad un lungo e lento cammino che ha portato fino a noi. E se la simbiosi tra i due è così forte, ci ritorna alla mente una frase detta da un altro studioso tempo fa: 'già qualcuno parla del lupo che ha addomesticato l'uomo'.
Il figlio del lupo, rubato e portato nel campo, più volte nel tempo; il figlio del lupo che 'diventa' cane e l'uomo che in questo rapporto a sua volta ne risente nello sviluppo della sua cultura, in quella che potremmo definire "ecologia umana". Nei millenni ovviamente, non dimentichiamolo. Il percorso compiuto è stato lento, l'utilizzo che si è fatto del cane sempre più specialistico, la simbiosi tra le due specie sempre più stretta.
Addomesticamento partito, con molta probabilità viste le date, "come centro di domesticazione dal bacino mediorientale". Ed a proposito del cane il Prof. Boitani ci dice che probabilmente "la prima introduzione di un carnivoro alieno da parte dell'uomo", proprio al cane va ascritta "con lo spostamento attraverso lo stretto di Bering dei paleoindiani in NordAmerica" che nel migrare portarono con se anche i loro compagni a quattro zampe.

UNA QUESTIONE... DI ANNI

Dodicimila, quindicimila anni fa l'inizio della domesticazione. E poi, i centomila... recente è una teoria di scuola americana sull'incontro delle due specie collocato ben più lontano nel tempo. L'abisso è notevole. Vediamo il Prof. Boitani scettico. Per quel che riguarda la teoria classica, quella che poi ha il maggior seguito da parte degli studiosi del settore, poggia le sue radici su ritrovamenti, su analisi di tipo morfologico e finanche genetico, con una datazione di tipo principalmente paleontologico ma non solo. Quella dei centomila, che Boitani riferendosi anche ad altri ricercatori definisce "un'idea, per il momento da lasciar lì", addirittura una "boutade", porta a suffragio uno studio di tipo esclusivamente genetico. Attraverso "un calcolo a ritroso, con l'orologio biologico settato in modo predeterminato, dall'analisi della genetica si risale indietro fino alla separazione" tra lupo e cane. In altri termini questo metodo si basa "sulla distanza (genetica) che esiste oggi tra cani e lupo e, calcolando qual è la velocità media di modificazione (sempre genetica), si risale indietro, nel tempo in cui dovevano essere uniti"; una sorta di triangolazione temporale quindi. Tutto dipende però "dall'accuratezza di quest'orologio biologico predeterminato". Subito ci viene da pensare a come i cani siano stati gestiti dai popoli primitivi; pensiamo al popolo dei Ciukci perché pensiamo ai cani che alleviamo; coloro che hanno 'selezionato' il progenitore dell'attuale Siberian husky ma il discorso è valido per qualsiasi altro cane risalendo indietro nel tempo, in un tempo tutto sommato molto recente rispetto quello biologico. In fin dei conti per quel che riguarda il Siberian Husky, questo cane è stato introdotto in America, agli albori della sua storia moderna, non più di un'ottantina d'anni fa. Quelli dei Ciukci erano animali che nel villaggio restavano liberi d'imbrancarsi, con probabili contatti ripetuti col selvatico; con cagne in calore forse rese gravide da lupi. In terre estreme, tra vento e ghiaccio, dove l'uomo, probabilmente, con buona frequenza reintrodusse ripetutamente sangue di lupo fino a tempi anche molto recenti. Il fascino del lupo come animale quasi magico e potente, pur laddove 'nemico' è stato sempre forte (e questo in tutte le regioni geografiche dove gli areali delle due specie si sovrapponevano; che poi per quel che riguarda l'uomo primitivo è quasi dire sovrapposizione completa); questi reincroci probabilmente molto ricercati. Cuccioli del selvatico frequentemente portati nel campo. Quindi cani e lupi si sono più volte reincontrati nel tempo, almeno in certe situazioni e fino a tempi relativamente vicini. E questo ovviamente non solo tra i Ciukci come abbiamo detto. Poniamo le nostre perplessità, o meglio incomprensioni, al professore. "Ma infatti, se voi ascoltaste la maggior parte degli studiosi che si occupano di queste cose, sentireste che: la teoria è quella dei tredici, quattordicimila anni, poi c'è questa boutade dei centomila che, per adesso, la teniamo lì...in attesa". Ed aggiunge che da parte di alcuni ricercatori è stata finanche smontata sul piano scientifico. "Io non ci costruirei sopra nulla, la metterei come un'idea che è venuta fuori recentemente ma assolutamente tutta da esplorare. Mentre l'altra è rinforzata da ritrovamenti, da analisi di vario tipo, morfologiche, anche genetiche; quella dei centomila è solo un'ipotesi" Poi l'accuratezza di quest'orologio biologico; molto è dovuto anche alla "scelta degli animali d'analizzare; la variabilità che c'è nel cane è talmente grande che il risultato dipende da quali animali consideri". Inoltre la velocità di modificazione genetica è accelerata quando la selezione è artificiosamente condotta dall'uomo. La manipolazione della domesticazione di fatto introduce una variante, e non di poco conto. L'intervento umano e la velocità delle mutazioni genetiche non è più quella che avverrebbe in una popolazione naturale. Staremo a vedere...

PARLARE DEL LUPO E PENSARE AL CANE

E torniamo a parlare di lupo col pensiero rivolto al cane. L'ombra inafferrabile, l'attimo, ed il compagno di tutti i giorni, la normalità. Il lupo che "in Italia è più volte passato attraverso un collo di bottiglia genetico" (un grave restringimento numerico della popolazione, con ovvi rischi) "ma che comunque mantiene un'alta variabilità". Chiediamo spiegazioni, ed intanto iniziamo a pensare a ciò che avviene nell'allevamento cinotecnico, alle possibili similitudini e divergenze con una situazione naturale..."nel caso di una popolazione libera, anche se c'è stato un collo di bottiglia, parliamo comunque di almeno un centinaio di soggetti", (e la situazione genetica nel lupo doveva essere buona di partenza) "quello che conta è la velocità con cui la popolazione si è riespansa" "ed il lupo è un animale ad alta velocità d'accrescimento, in pochi anni da una coppia si può avere una popolazione enorme". Questo fa moltissimo in una popolazione naturale, ed il rischio di omozigosi (impoverimento genetico dovuto a diminuzione di biodiversità tra gl'individui) anche in queste condizioni resta basso. Poniamo ora il caso dell'allevamento canino (che è ciò cui poi ci dedichiamo), con la selezione guidata dall'uomo, con alcune razze spesso vicine al collo di bottiglia e con tassi di consanguineità molto alti. Nell'allevamento guidato dall'uomo quel che avviene di frequente è il partire da pochi soggetti e da questi con incroci ripetuti anche in consanguineità procedere nel tentativo di fissare determinati caratteri. "Si lavora su piccolissimi numeri ", "in questo modo si fa facilmente una deriva genetica per cui si va velocemente verso l'omozigosi". In una popolazione naturale, al contrario, un piccolo numero d'individui "non porta sempre all'omozigosi"; qualora quella popolazione abbia la possibilità "d'incremento numerico veloce, si ricrea subito una discreta variabilità". Teniamo ovviamente presente che se in una popolazione soggetta a pressione zootecnica si lavora su piccoli numeri, quantomeno concettualmente, con cani più usati in riproduzione di altri, con accoppiamenti mirati; in una situazione naturale gli accoppiamenti avvengono liberamente garantendo all'aumento del numero d'individui un maggior rimescolamento genico. L'allevamento cinotecnico ha ovviamente delle necessità, è un nostro pensiero, ma forse una maggiore accortezza nel gestire gli accoppiamenti, nel non utilizzare esageratamente sempre gli stessi stalloni e fattrici, un trasparente scambio d'informazioni tra allevatori riguardo i caratteri non desiderati trasmessi dai propri cani, potrebbero rendere la situazione più tranquilla e gestibile. E poi fissare un fenotipo (l'insieme delle caratteristiche morfologiche, caratteriali e funzionali di un individuo, conseguenza del suo genotipo e dell'interazione coll'ambiente) "non è necessariamente legato ad una fissazione in omozigosi". Cade quella che è una convinzione per molti, lo è stata anche per noi, ma per fissare delle caratteristiche morfologiche non è necessaria la via della consanguineità e dell'inevitabile aumento di omozigosi; con tutte le conseguenze che ciò comporta, compreso l'aumento statistico delle malattie genetiche a carattere recessivo. Certo la strada per un allevatore sarebbe più lunga ed ardua ma in definitiva più sicura. E di nuovo una nostra considerazione, la scelta di compromesso in questo contesto probabilmente sarebbe la migliore: cercare di lavorare il più 'aperti' possibile e ricorrere di tanto in tanto ad inbreeding (incrocio in consanguineità), mai stretto, e soprattutto usare il maggior numero possibile d'animali.

ECOLOGIA UMANA E LUPO

Il lupo: il cacciatore, la preda. L'uomo: il cacciatore, l'agricoltore, il nomade. Il cane compagno ed ausiliario. La selezione umana, primordiale, che spinge in direzione di vantaggi per determinati utilizzi, anche in funzione delle culture umane, dell'ecologia umana. Il lupo, spesso il nemico, ed il cane utilizzato e selezionato nei confronti dell'antico padre secondo il rapporto che la popolazione umana territoriale ha col selvatico. Situazioni che s'influenzano a vicenda e forse, in un certo senso, di nuovo il lupo - il cane che 'addomesticano' l'uomo; lo torniamo a pensare. Di certo è che l'influenza di questi due animali, del secondo in particolare hanno comunque caratterizzato alcuni aspetti dell'ecologia umana. Ed ancora, ci viene da pensare, l'uomo forse non sarebbe lo stesso se non avesse incontrato il lupo - il cane.
Stavamo parlando dei metodi di caccia del lupo, in particolare riferiti ai Laika (più avanti li troveremo) quando il Prof. Boitani in relazione alle diverse tecniche dei cani ci fa notare come queste scaturiscano dalle diverse culture umane. Come i cani siano selezionati per un tipo di lavoro confacente all'ecologia umana in cui vivono. E di nuovo lo spirito della foresta, il lupo: "E' anche bello da vedere sul piano culturale, io lo faccio sempre quando parlo dei lupi per mostrare come le culture europee abbiano avuto due tipi d'atteggiamento diverso nei confronti del selvatico. C'è tutta la cultura mediterranea, Italia, Spagna, Grecia, Turchia, che ha inventato nei confronti del lupo un cane da difesa, tipo il Maremmano Abruzzese, il quale non attacca, sta lì, ha un ruolo totalmente passivo. Ciò la dice lunga sul fatto che la gente pensasse che nel momento in cui il lupo non mi fa danno, può anche star fuori, non m'interessa. Invece tutte le popolazioni del Nord sono andate pesantemente all'attacco. Essendo tutti nomadi gli dava fastidio, a differenza delle culture mediterranee agropastorali stanziali. Ai nomadi il lupo dà fastidio, lo devi inseguire; e si sono inventati, ad esempio, il Borzoi, il qual è un cane da caccia al lupo costruito per inseguirlo e farlo fuori. E poi l'altro, fortissimo, l'Irish Wolfhound, che è una bestia pensata, costruita e selezionata per attaccarlo, addirittura sbranarlo. Quindi un atteggiamento assolutamente non più passivo. Da un punto di vista culturale è molto bello vedere come queste razze rispondano ad ecologie umane diverse". Quindi nelle popolazioni stanziali il lupo è stato semplicemente tenuto a bada, almeno fino a che la cultura contadina agro pastorale non è degenerata. Nei popoli nordici, nomadi, essendo la competizione col lupo, sul territorio e nella caccia, l'atteggiamento è stato ben diverso. Aggiunge Boitani "Gli uomini nomadi venivano in contatto sempre con lupi diversi che non riuscivano ad adattarsi alla nuova situazione come invece succedeva nelle zone agricole; quindi lo scontro è sempre stato più violento". Il lupo perciò ha la caratteristica principe di un'estrema adattabilità, quando conosce gl'insediamenti umani di norma li evita. Le sue sono predazioni furtive ed occasionali (quando spesso l'occasione è data dall'uomo stesso che non gestisce correttamente i suoi animali domestici); "noi abbiamo fatto l'analisi dei danni arrecati dal lupo, l'ottanta per cento degli attacchi porta al massimo all'uccisione di due pecore, quindi non c'è mai la strage..."

IO SONO IL LUPO, IL CACCIATORE E LA PREDA

Lupo appenninicoIl lupo, in Europa, nell'immaginario, il predatore. Senz'altro il maggior carnivoro presente alle nostre latitudini. Il lupo anima del bosco, silenzioso, invisibile; uno e mille ed impronte dimenticate. Quando inizia nella cultura mediterranea italiana l'avversione e poi la caccia, alla fine anche spietata verso quest'animale? "Finché c'è stato l'impero romano la valenza del lupo è stata ambigua positiva, senza problemi; la stessa storia della lupa nella fondazione di Roma è una figura ambiguo positiva. I segni iniziali si hanno nel primo Medioevo poi dopo con la chiesa cattolica che gli ha dato sotto, identificando il lupo col male". Ci viene da pensare a quest'evoluzione culturale, a come tutti gli spiriti della foresta in realtà per le società del passato non fossero ne' bene ne' male ma solo presenze che potevano distruggere od offrire servigi; di come col passare dei secoli ciò si sia trasformato in dualismo bene male, di come questi spiriti siano divenuti spesso immaginario del maligno (e questo da noi soprattutto coll'avvento del cattolicesimo, è una nostra considerazione). Il diavolo iconograficamente in fin dei conti disegnato spesso come un fauno, ed è molto esplicativo. "C'è stato un momento in cui l'uomo ha iniziato a vivere, per una serie di eventi, accidenti di tipo naturale ma anche psicologico e sociale, la natura in una maniera molto negativa, passiva, diciamo che l'ha subita (e quindi poi ha cercato di dominarla, di controllarla) ed allora il lupo è divenuto il simbolo delle forze più predatrici" Quindi l'uomo in contrapposizione frontale con ciò che lo circonda, che non riesce a comprendere. La presunzione di poter modificare gli eventi e di poter dominare la natura. E questo, pensiamo, spesso è riscontrabile anche in molti falliti rapporti moderni uomo - cane. Intanto Boitani continua "In tutto questo poi si somma il fatto che l'Italia sia stata invasa ripetutamente da popoli nordici che sono arrivati portandosi tutte le loro culture, le loro valenze ed inevitabilmente la loro immagine del lupo". Ed a questo punto ci balena nella testa quello che riteniamo un lampo di genio, pensiamo a come il morso del lupo e del cane siano visti spesso come qualcosa di appestante, quasi di demoniaco al di là del loro reale danno. Di come anche la carne di un animale sbranato dai cani sia ritenuta pericolosa e non venga consumata ma distrutta. N'abbiamo esperienza diretta; pensiamo a chissà quale retaggio culturale - magico. "La carne è allupata" recita Il Prof. Boitani. E qui la semplicità delle cose erompe in tutta la sua banale realtà ed ovvietà, come una lastra di ghiaccio che cede all'improvviso. "Be' duemila anni di rabbia...", "fino a venti anni fa la rabbia endemica faceva un sacco di danni, e la rabbia ricordatevi che fino a più degli anni 50 era una malattia sempre mortale; è stata una delle malattie peggiori..." Un retaggio di paura quindi più che giustificato anche ora che la rabbia in Italia è praticamente scomparsa, tranne alcune zone limitate al Nord di rabbia silvestre. Chiediamo al professore che ci conferma come il nostro lupo non abbia più problemi con questa malattia. E' facile cercando la complessità e la soluzione brillante spesso incappare nell'ovvietà del quotidiano. Si cerca lontano e la risposta è sotto i nostri occhi. Come il lupo che qui da noi vive spesso ai margini dei centri abitati, magari per discariche, così vicino ed invisibile. Ma qualcosa d'interessante questa nostra domanda comunque la suscita: "è come la reazione che la gente ha nei confronti dei serpenti; eppure con tutte le specie di serpenti che vi sono la possibilità che ti capiti una vipera è bassa. C'è proprio una predisposizione genetica all'apprendimento ad avere paura, non tanto alla paura di per se. Verso queste cose basta una piccola esperienza negativa e subito si blocca tutto quanto, si fissa la paura. Se non avviene nessun tipo d'esperienza resta la neutralità, però basta un nulla...e questo è molto ben studiato, ci sono moltissimi lavori su questa tematica, serpenti soprattutto, ragni..."

CARATTERI E DOMESTICAZIONE

E questa volta parliamo del cane pensando al lupo. Del figlio dell'ombra portato nel cerchio del campo dall'uomo e dall'uomo incrociato, manipolato e spinto nei millenni nelle direzioni che all'uomo sembravano più utili. Non dimentichiamo che questo percorso nella sua quasi totalità temporale è avvenuto a fianco di un uomo pretecnologico con una pressione selettiva volta esclusivamente all'utilizzo. Quella che è definita moderna cinotecnia, con i suoi standard, le sue valutazioni tecniche, la 'creazione' di nuove razze od il 'recupero' di altre, prende una parte di questo tempo veramente piccola. Il figlio rubato ed ora devoto ed i caratteri del suo progenitore selvatico. Prendiamo spunto dalla nostra constatazione della prole poco numerosa che generalmente hanno i Siberian, a differenza di molte altre razze. Pensiamo alla prole del lupo. Ci piace, guardando al nostro Siberiano vedere un cane poco manipolato, quasi un selvatico; è una caratteristica che a tanti amanti di questo animale piace pensare. Poniamo il quesito a Boitani. L'esordio è quello che vogliamo sentire: una prole numerosa "è uno dei caratteri su cui l'uomo sicuramente ha lavorato ". Incalziamo sperando in una conferma e chiediamo se ciò potrebbe essere segno di una minore domesticazione. "No, è un carattere che è meno spinto verso la domesticazione, da questo però non vuol dire che tutto l'animale sia meno domesticato". E' inutile dire che un pochino siamo delusi, è un'altra leggenda intorno al Siberian, una leggenda cara per molti, ora sfatata. Cerchiamo comunque di recuperare terreno. Gettiamo lì un'ipotesi: forse il popolo che lo ha selezionato, parliamo ovviamente dei Ciukci, ricercava in questo cane caratteristiche più primordiali, viste le situazioni estreme di vita, di quelle che avrebbe cercato un popolo europeo. "Io sarei ancora più cauto. Questo carattere non è stato spinto in nessuna direzione"..."io penso che ogni carattere vada preso singolarmente, non è che la sua presenza significhi che allora tutta la razza nel suo complesso sia più o meno domestica, più o meno manipolata..." E si, siamo delusi. Ci viene alla mente una cosa letta sul libro di Lorenz, 'E l'uomo incontrò il cane', in merito alla coda arrotolata come primo segno di domesticazione, la cosa ci sembra analoga. "Su questo non ha fatto marcia indietro", il discorso comunque è lo stesso, ogni carattere va preso singolarmente. Durante la selezione umana (parliamo sempre di quella primordiale) alcuni aspetti vengono spinti verso l'utilizzo, altri che per quell'utilizzo erano neutri, rimasti inalterati sono venuti avanti restando nel fenotipo di quel cane. "Nella selezione io stimolavo quei tre caratteri che mi servivano senza stare a guardare gli altri. Poi dato che molti caratteri sono collegati, selezionando per certi aspetti poteva capitare che mi venissero fuori altre cose che per l'utilizzo non m'interessavano ne' in positivo, ne' in negativo e così me le sono tenute; se poi pensiamo alla velocità con cui è andata avanti la selezione artificiale..." Quindi i Ciukci avranno senz'altro selezionato il loro cane per l'utilizzo del traino, del loro tipo di traino, guardando a tutte quelle caratteristiche che in questa chiave erano utili. Potremmo citare la non aggressività, il forte spirito di branco, il desiderio alla corsa, la resistenza fisica unita alla velocità finalizzata alla percorrenza di lunghe distanze (e la conseguente costruzione morfologica del cane), forse la stessa indipendenza pur nella naturale accettazione di un capobranco umano e tutto quello che era necessario ad una buona resa di una muta; tutto il resto sono solo vestigia. Il cane è comunque domesticato, manipolato ne' più ne' meno di altre razze. Dobbiamo pensare alle razze canine come tutte manipolate nella stessa misura dall'uomo durante i suoi quindicimila anni di crescita con questo animale. I diversi caratteri sono solo dovuti a pressioni selettive volte all'utilizzo (perché no anche influenzato dall'estetica) o vestigia. Sotto questo profilo non c'è differenza tra razze anche molto diverse. Ma la valutazione è quantitativa, qualitativamente le differenze morfocaratteriali spesso sono addirittura abissali. Accettiamo, inevitabilmente, la conclusione; ma non certo per questo il nostro Siberian Husky (scusate la monotonia) smetterà di piacerci!

ANEDDOTICA E METODO SCIENTIFICO

Partiamo con una serie di domande su comportamenti che abbiamo notato nei nostri cani, inevitabilmente riferite a quelli che alleviamo, cercando di metterli in relazione con quelli del lupo; ma il punto resta sempre la convergenza - divergenza tra questi due animali, tra il cane in senso lato ed il selvatico. E se da una parte ci scontriamo con 'l'attimo mai carpito', con la difficilissima osservazione di questo predatore nel suo ambiente naturale, in condizioni naturali, perché anche se "moltissime osservazioni comportamentali in cattività sono state utilissime e continuano ad esserlo"; queste "non servono certo per capire un comportamento nel suo contesto ambientale ma per analizzare i meccanismi e lo sviluppo di molti comportamenti" e quindi, riferendoci ad una situazione naturale, "l'osservazione del lupo in cattività non ha senso, lascia il tempo che trova"; dall'altra le nostre osservazioni essendo fatte solo su piccoli numeri, senza riscontri statistici, spesso puri aneddoti e così fuori dal metodo scientifico, creano non poche difficoltà interpretative. In questi termini ovviamente non si può sapere se un'osservazione estemporanea ha delle basi reali o è solo frutto del caso. Aggiungiamo poi che spesso si vede ciò che si vuol vedere. "Io non butterei mai via tutta quella che è l'aneddotica, gli aneddoti, perché alla fine tante cose che sembrano non avere senso quando poi le metti insieme...", è ciò che vogliamo sentirci dire e così continuiamo, avremo ovviamente poche risposte e la cosa andrà avanti sul piano discorsivo, ma ci sarà anche qualche riscontro interessante. Così partiamo dal rigurgitare, sempre, delle madri di Siberian ai cuccioli, e non abbiamo dati riguardo ad altre razze, ma molto probabilmente è un carattere selvatico, presente nel lupo, che è rimasto casualmente come abbiamo già visto. Riferiamo nostre osservazioni in merito al fenomeno della coprofagia (mangiare le feci) che c'è sembrato seguire una gerarchia di branco (nel senso che i subalterni mangiano quelle dei dominanti) e non troviamo riscontri ma un chiaro interesse. In merito a ciò nei giorni a seguire, il Prof. Boitani avrà occasione di interpellare alcuni suoi colleghi, specialisti anch'essi di lupi, e ci dirà che nessuno ha registrato questo fenomeno nel selvatico, tranne sporadicamente in cattività. Riportiamo di aver notato una sorta di riconoscimento della propria razza in cani venuti da fuori, od anche nei nostri, che vivono in branco, quando entrano in contatto con esemplari di razze diverse. Così un cucciolo Laika importato dalla Russia c'è sembrato mostrasse una maggiore affinità con i componenti della sua razza. I nostri Siberiani maschi mostrano molto più interesse per le femmine in estro del loro branco piuttosto che per una maremmana che teniamo vicino casa e non nei canili, quando vengono in contatto con questa, ovviamente in calore. Il professore abbozza una possibilità di imprinting su colore e forma "che senz'altro esiste" ma continuiamo ad essere nell'aneddoto. Boitani è comunque molto attento alle nostre osservazioni, noi temiamo di dire banalità e questa curiosità ed attenzione nelle risposte, anche quando le risposte in realtà non possono esservi, ci conforta molto. E poi il calore delle femmine: abbiano notato, in maniera pressoché sistematica, che il nostro branco di femmine (Laika e Siberian) va in estro praticamente in maniera sincrona, ed anche da altri allevatori di varie razze abbiamo avuto conferma; troviamo il riscontro...

ED ANCHE L'UOMO APPARTIENE AL REGNO ANIMALE...

Il dualismo uomo natura. L'anteposizione. La presunzione di essere specie eletta, di poter controllare, dominare od anche proteggere l'ecosistema. Poi, alla luce dei fatti scientifici la realtà ci stupisce in tutta la sua naturalezza. Ed alla fine non siamo poi così diversi e speciali. Se la via c'è è un'altra ma non sforiamo in tematiche filosofiche. Si parla della nostra constatazione sui calori sincroni, sull'eventuale relazione col selvatico, se ciò avviene anche nel lupo e... "avviene, non solo nei selvatici ma anche negli umani, è un classico, ad esempio, che nelle carceri femminili (ed evidentemente in tutte le comunità chiuse) le donne abbiano le mestruazioni nello stesso periodo; è uno dei casi maggiormente studiati..." ed il sistema Tolemaico crolla. Ma come avviene questo, e qual è la sua funzione biologica? "Principalmente perché il tutto è regolato per via ormonale - feromonale e quindi c'è una sorta di messa sulla stessa frequenza dei cicli di moltissimi animali ... la spiegazione del perché non è tanto robusta, essendo un'ipotesi e non esistendo riprova scientifica, ma è un fatto che avvenga. L'idea è che in quasi tutti gli animali ci sia un vantaggio nell'allevamento comunitario dei piccoli. Per le prede, che più figli fanno tutte insieme, più diminuisce il pericolo per ogni singolo piccolo da parte dei predatori, essendo tanti i cuccioli; un classico sono gli Gnu del Serengeti che partoriscono tutti i figli nel giro di dieci giorni, cuccioli che nel giro di altri dieci giorni diventeranno indipendenti (ed i predatori non ce la fanno a mangiarseli tutti!). Per i predatori, dove spesso avviene per il vantaggio di un allevamento comunitario. Specialmente per un predatore come il lupo che caccia perennemente in movimento e non può permettersi di lasciare sempre qualcuno alla tana. La tana viene fatta una volta l'anno, per due mesi, poi tutti si rimettono in giro. Nel modello normale del lupo di viaggiare all'interno di un territorio, non c'è quello di restare fermi in un posto e di partire tutti i giorni di là ma quello che, quando viene fatta la tana si resta per due mesi tutti lì, intorno, poi per il resto del tempo si gira. Se ci fossero femmine che avessero estri in tempi diversi sarebbe un bel problema. Cosa che invece avviene più facilmente nelle Iene che hanno una tana unica, dove addirittura i piccoli sono messi in comune, ed una femmina, a turno, allatta tutti, compresi i cuccioli delle altre, con un'organizzazione quindi completamente diversa".

CANI, LUPI E CUCCIOLI

E torniamo nuovamente nell'aneddoto, ad alcune nostre idee su cui speculavamo da tempo. Guardiamo al cane, di nuovo cerchiamo di guardare al lupo. Parliamo di quella che nel compagno dell'uomo è definita genericamente gravidanza isterica, più propriamente pseudogestazione; a quella che poi in realtà è un fenomeno legato a questioni ormonali che ormonalmente simula in tutto e per tutto il parto e post parto. Pseudogestazione ritenuta unanimemente a livello veterinario fenomeno fisiologico. Partiamo dalla constatazione che nel lupo l'allevamento dei cuccioli è comunitario, con l'importante presenza di quelle che in termini etologici vengono definite zie (le femmine subalterne che aiutano la madre, dominante, nella cura dei cuccioli), che l'accoppiamento avviene solo con la dominante che è l'unica che si riproduce "impedisce alle sottomesse di accoppiarsi", che i calori, come abbiamo visto, sono sincroni. La nostra speculazione è questa: potrebbe essere, se ciò avviene anche nel lupo, la pseudogestazione un fenomeno legato al comportamento di zia? Non potrebbe essere che ciò predisponga le giovani femmine (che ormonalmente è come avessero partorito) all'allevamento comunitario dei cuccioli? Boitani ci dice che le riprove sono poche, che comunque la pseudogestazione nel lupo "avviene spesso, molto spesso"; la pseudogestazione "è una caratteristica strana, fuori non si vede nulla, non è che s'ingrossino le mammelle, però se uno fa le analisi ormonali le trova tutte come se...fossero gravide". Ma la zia produce latte? Ed al solito guardare al lupo è come cercare un'ombra che fugge, "qualche volta le altre femmine aiutano nell'allattamento la madre, ma poi l'allattamento dura talmente poco...". In ogni caso "le altre femmine sicuramente contribuiscono" alle cure parentali. Per quel che riguarda il cane il Prof. Boitani però sottolinea come anche una femmina sola, non in presenza di altre cucciolate, possa presentare la pseudogestazione. Magari nel cane ciò però potrebbe essere, come abbiamo già visto, un residuo vestigiale, forse degenerato; un carattere selvatico, non spinto in nessuna direzione durante l'addomesticamento, rimasto? "Potrebb'essere, anche perché parliamo di cani che è tutta una miscuglianza fatta dall'uomo...". Continuiamo ad essere molto lontani dalle riprove scientifiche, fuori dal metodo e dai riscontri statistici, molto nel discorso, gradevole e stimolante con un'ombra lontana che ogni tanto fa la sua comparsa.

ALTRE CONVINZIONI SFATATE

Il lupo ed il cane sono la stessa specie. E così molti degli atteggiamenti e funzioni fisiologiche del domestico vanno a sovrapporsi a quelle del selvatico. Un esempio per tutti (ma molti altri se ne potrebbero fare), l'uso delle ghiandole interdigitali che nel lupo servono insieme agli altri mezzi a marcare il territorio col proprio odore, che il cane usa in maniera analoga quando scalcia all'indietro ripetutamente il terreno. Uso senz'altro translato su di un piano diverso in conseguenza del rapporto con l'uomo e la sua cultura, del fatto che il cane si trovi in realtà in un branco misto dove solitamente è l'unico rappresentante della sua specie. Il lupo ed il cane sono la stessa specie e molte sono le convinzioni che guardano al selvatico. Tra le tante cose udite in questa chiave, sovente c'è capitato sentire riguardo i cani che alleviamo, che questi non odorano perché come il lupo, perché questa funzione rende il suo antenato invisibile alle prede. E per detto motivo i cani da pastore quando incontrano un Siberiano lo ritengono il Selvatico e per questo lo attaccano. Spesso quando si pensa a questo cane si ama immaginarlo come un quasi lupo, come un'anima selvatica intatta di cui farsi compagni. Giriamo le affermazioni al professor Boitani, in particolare chiediamo se il lupo è animale che emana forte odore. "Be' l'odore che emana il lupo è quello grosso delle ghiandole perianali che è molto più forte di qualsiasi altro odore di cane, anche perché uno degli effetti quasi immediati della domesticazione è stato proprio quello di togliergli la 'puzza' rendendolo quindi più 'trattabile'. Poi, in molti cani, vengono fuori altri tipi di odori che sono dovuti magari al pelo, alla pelle, a ghiandole sulla pelle, però sono effetti anch'essi della domesticazione, anche accidentali, non quelli originali". Quindi il lupo è animale che emana forte odore e nella caccia utilizza tutte quelle tecniche quali il tenersi sopravvento, il rotolarsi su carogne od escrementi, per mimetizzarsi, che gli consentono di avvicinare la preda senza essere notato (atteggiamento ancora presente in molti di cani di tutte le razze). Il Siberian Husky, in fin dei conti è animale niente affatto 'puzzolente', proprio perché domesticato come ogni altro cane. Un altro pezzo d'immaginario intaccato. Ed in merito all'odore del predatore nella caccia il Prof. Boitani aggiunge: "allora pensiamo alla volpe, una cacciatrice per eccellenza. Eppure quando è passata una volpe, se noi ripassiamo per lo stesso sentiero la avvertiamo immediatamente, l'odore è forte e permane anche per più di mezz'ora; per noi poi, figuratevi per gli altri animali!"

LA DOMESTICAZIONE: L'INCONTRO DI DUE GIOCATORI

Abbiamo visto come l'uomo abbia incontrato il cane partendo dal selvatico con cui condivideva il territorio, di come l'affinità tra le due specie di fatto abbia favorito quella che poi è divenuta una vera simbiosi con vantaggi per entrambe. Del fatto che dal lupo si siano affinati, lavorando sui suoi istinti innati, vari tipi d'utilizzo, differenti in base alle diverse ecologie umane in cui il cane viveva. Ma la prima spinta è forse stata proprio quella di avere vicino un eterno cucciolone di lupo, sempre pronto al gioco, coll'uomo altro grande giocatore. Schematizzando l'evoluzione di questo rapporto chiediamo se è plausibile il seguente modello: cucciolo del selvatico portato nel campo, ripetutamente; uomo che spinge selettivamente per mantenerne le caratteristiche infantili; selvatico semiaddomesticato, eterno cuccioline di selvatico e quindi gran giocatore sempre in apprendimento; uomo altro gran giocatore (forse esso stesso eterno cucciolone) ed osservatore; interazione dei due e caratteristiche proprie del selvatico utilizzate e spinte nelle direzioni più vantaggiose per i vari utilizzi. La risposta del Prof. Boitani è diretta: "non è affatto insensato, anzi credo che sia proprio l'incontro di due cuccioli. E' assodato che la grande plasticità umana sia di fatto una caratteristica infantile". Due cuccioli, gran giocatori che insieme percorrono la via dell'evoluzione; e giocando l'uomo scopre caratteristiche utili nel cane, e giocando il cane apprende. Se il gioco è la chiave, è pur vero che "il grosso vantaggio di avere un eterno cucciolone (e non un selvatico adulto) è quello di avere un animale che si trova sempre in uno stadio di apertura all'apprendimento; in un adulto è come se si chiudessero le porte, quello che uno sa, sa...non s'impara più niente". Quindi se nel lupo adulto finita la fase d'apprendimento tutto resta cristallizzato, un cane anche anziano è ancora in grado di apprendere; e questo vale per tutti i cani pur con le notevolissime differenze tra le varie razze ma anche qui le differenze sono dovute ai diversi tipi di selezione avviati dall'uomo e dall'interazione delle due specie. Potremmo dire che l'iniziale motore esclusivamente estetico della dolcezza del cucciolo abbia poi fatto si che la domesticazione procedesse con grossi vantaggi aprendosi a ventaglio. Cane da caccia, da pastore, cane da guardia...cane da traino. Se partendo dagli istinti del selvatico è relativamente facile trovare il motore iniziale per alcune specializzazioni canine: conduzione del gregge dai meccanismi di caccia, difesa da quelli territoriali, caccia nelle sue varianti d'uso dalla caccia ancestrale e riporto senz'altro dal gioco (ma il gioco come abbiamo visto è presente comunque in tutto, come nei metodi d'addestramento), molto più difficile risulta inquadrare l'uso del cane nel traino. Il gioco nuovamente come unica e sicura chiave, e torniamo nuovamente nel discorsivo. Il Prof. Boitani pensa un attimo, poi butta giù un'ipotesi "forse il sentirsi costretto, reagire alla costrizione opponendo una spinta"; ci viene da pensare a quei malcapitati proprietari di cani che ancora non hanno insegnato la conduzione al guinzaglio al proprio cane e da questo vengono trascinati in passeggiate forzate, "più opponi resistenza e più quello tira". Boitani sottolinea che comunque anche i Bernesi come i Labrador ed altri vengono usati nel traino di carretti e che quindi potrebbe essere una caratteristica comunque comune nel cane, se stimolata. Ma a noi interessano i nostri cani da slitta. E così se nel comportamento in muta e nella forte gerarchia di branco ci sembra di vedere la caratteristica affinata ed utilizzata dello spirito sociale proprio del lupo, chiediamo al professore se un'altra caratteristica tipica del Siberian Husky, cioè quella di essere un grande risparmiatore d'energie, la possiamo ritrovare nel suo antenato. "Si, risparmiare energie è una regola per tutti i selvatici". Quindi nuovamente un carattere, questa volta mantenuto volutamente, divenuto importantissimo nell'utilizzo di questo cane. Non sarà la realtà ma un po' dell'ombra silenziosa, dell'anima dimenticata, ci piace immaginarcela vicina anche noi!

I LAIKA, LA CACCIA, IL LUPO E LA CULTURA NEL LUPO, NEL CANE

Guardiamo ai cani e cerchiamo come sempre il lupo. Parliamo del Laika della Siberia Occidentale, razza che da poco alleviamo, del suo impiego principale come cane da caccia su grossi selvatici (quello del traino è secondario), chiediamo delle tecniche del lupo; cerchiamo un raffronto, al solito la tecnica del selvatico che può essere stata maggiormente affinata a questo scopo, e questo vale per ogni razza da caccia d'altro canto. Pensiamo alla battuta sul cinghiale e riportiamo gli atteggiamenti dei nostri Laika durante i loro giochi che spesso mimano la caccia. Il professore c'interrompe e ci chiede se non l'impieghiamo mai per davvero in questa attività; ha letto la monografia su questi cani, da noi scritta e pubblicata nel numero del febbraio '99 di Work Dogs, che gli avevamo lasciato in visione. La cosa evidentemente lo interessa ma è perplesso nell'aver letto che un Laika, affidato ad un gruppo di cacciatori di cinghiali, sia stato messo con dei segugi italiani. "No, perché sono due tipi di tecniche completamente diverse. Quella dei segugi è sostanzialmente una tecnica di rincorsa e segnalazione, ma il segugio non deve venire mai a contatto con le prede. Quindi l'azione è quella di spingere il cinghiale verso le poste dove viene abbattuto dal cacciatore; mentre invece quella dei Laika, credo, era proprio di accerchiamento, di ferma (ed avvertimento) ed anche, forse, di attacco. Perché son bestie più pesanti, più forti e più robuste. Non so quanto sia corretto mettere un Laika con una muta di segugi...io avrei fatto una muta di Laika e l'avrei provata in un recinto d'addestramento cani con un cinghiale, magari piccolo per cominciare, e vedere cosa succede...". La cosa ci stimola molto insieme alle insistenze del professore e crediamo che proprio questa prova la faremo. Intanto ci siamo informati meglio, ed il Prof. Boitani ha dimostrato, se mai ce ne fosse bisogno, di essere anche un ottimo conoscitore di cani e di tecniche di caccia, ed abbiamo saputo che il Laika siberiano lavorerà in muta con altre razze che nel loro compito hanno anche quello di fermare.
Il Laika della Siberia Occidentale è un cane utilizzato prevalentemente in una caccia di muta anche su grossi animali, col compito di seguire la traccia, fermare e, ove necessario, finanche attaccare il selvatico. Un tipo di caccia che pensiamo molto simile a quella del lupo. "Dire come questo selvatico cacci i cinghiali è un po' difficile, cambiando molto da situazione a situazione, comunque abbiamo visto, con la neve profonda, le tracce di due lupi che da soli hanno abbattuto un cinghiale di ottanta, cento chili. E' largamente nelle capacità di caccia del lupo prendere un cinghiale; se non lo fa è perché ha alternative migliori, più facili". Chiediamo meglio riguardo le tecniche di caccia del selvatico, il nostro riferimento è sempre il mordi e fuggi, in un gioco d'accerchiamento, effettuato dai Laika, con attacchi spesso alle spalle della preda di turno, a rotazione. Abbiamo comunque nella testa anche l'attacco, stereotipato secondo l'opinione comune, del lupo alla gola. "Il colpire alla gola non è così standard. E' molto più classico il colpo alla gola od alla nuca per un felino. Il leone, che attacca sia alla nuca sia alla gola, il ghepardo, che prende da sotto e soffoca non facendocela a staccare le vertebre cervicali come il leone, anche la lince che usa questa tattica. Nei canidi no, c'è una tecnica meno stereotipa, oserei dire meno fissata geneticamente e più intelligente. Un adattamento al territorio ed alla preda". Così veniamo a sapere che quella dei Laika potrebbe essere solo una delle tecniche possibili, probabilmente affinata e selezionata dall'uomo nel tempo, ma assolutamente non l'unica. Il lupo è un abile trasformista, e se la sua è una predazione di branco, la situazione ambientale, il tipo di preda e l'apprendimento avuto dalla madre nella caccia ne dettano i vari tipi di tecniche in situazioni diverse. Se quindi quella del mordi è fuggi potrebbe esserne una; sui grossi erbivori, dove il rischio di un calcio fatale è alto, la tecnica maggiormente impiegata è "quella di bloccare la preda, con un lupo che gli si attacca al muso e gli altri che colpiscono ai fianchi". Quest'adattabilità del lupo, questa sorta di scelta nell'azione in funzione di ciò che ha davanti e dell'esperienza acquisita è affascinante, anche i cani ci sembra mostrino questa capacità, in situazioni ovviamente non di caccia; la domanda è inevitabile: quanto si può parlare di 'cultura' in una popolazione di lupi, di cani? "Parecchio, tanto..." potremmo quindi parlare di una minicultura? "Non la chiamerei mini proprio per niente, cultura. Perché cultura poi è una quantità di nozioni apprese e tramandate. Questa è la cosa importante. Quindi non è che ogni cane reimpari da zero; nei lupi ad esempio, i piccoli imparano tantissimo dalla madre; come comportarsi con le strade, con le case, con le persone oltre che con le prede. Questa già venti anni fa la utilizzavo come battuta: se io dovessi reintrodurre un lupo in Italia dalla Siberia, con le strade, le macchine, sarebbe incapace di qualsiasi adattamento, avendo una cultura di territorio, appresa con la madre, completamente diversa. Ed è il motivo per cui è impossibile introdurre lupi da altre zone geografiche. C'è tutto un set di informazioni immagazzinate e trasmesse culturalmente che gli consentono di vivere in un determinato ambiente. Come se mettessi dei lupi italiani di fronte ad un'alce, in Alaska, neanche saprebbero di che bestia si tratti, ne' come comportarsi; non fa parte degli insegnamenti appresi".

UN SUONO LONTANO...

La nostra tranquilla chiacchierata termina qui, sulla cultura nei cani, nei lupi. E ci viene ancora da pensare a come in effetti un cane inserito in una muta, al traino, molto apprenda dai suoi compagni più anziani ed esperti; qualsiasi conduttore di slitte potrà confermarcelo. Ma aneddoti in questo senso potrebbero raccontarcene senz'altro anche conoscitori di altre razze da lavoro. Un animale culturale, figlio del lupo, ed eterno cucciolo in apprendimento. Il figlio di un'ombra che solo abbiamo intravisto. Il Prof. Boitani è stato molto gentile e paziente ad ascoltare quelle che spesso non erano domande ma solo ragionamenti ad alta voce, probabilmente anche ingenui, spesso, e ce ne scusiamo col lettore, riguardanti i cani che alleviamo. Lo ringraziamo per questo e per averci regalato, forse involontariamente, quest'immagine del lupo come quella di un attimo, di un lampo di luce difficile da carpire. Ma in fin dei conti l'immaginario di secoli, la nostra cultura ed ecologia, non possono non influenzarci.

Io sono il lupo.
Io sono l'attimo.
Impronte sulla neve fresca, impronte presto cancellate.
Io sono il lupo, lo spirito del bosco.
L'attimo...
Perché quando corri nel vento non puoi essere che vento...
Sono l'ombra che scende leggera.
Sono il cacciatore e la preda.
Sono invisibile.
Sono uno e mille. Ed ululati nel vento...
Sono lo spirito del bosco.
Sono l'attimo.

E mentre torniamo a casa, dai nostri cani, ripensiamo al nucleo di lupi che Boitani ha detto essere presente nella nostra zona. Lupi che si spostano veloci sul territorio... Ci piacerebbe un giorno, tra un abbaio nervoso di Laika od il lento mormorio d'ululato dei Siberian, udire un suono lontano, forse diverso.

Oggi vi proponiamo...

  • Una regola? Non l'infrango ma l'aggiro

    ...ovvero: Siberian Husky In termini generali, e non parlando solo di cani, una regola si rispetta, o si infrange, oppure si aggira. La prima cosa può significare condividere la regola o temere una punizione alla sua infrazione. La seconda il non aver capito la regola, o se, avendola capita, decidere di non rispettarla (o rifiutare di rispettare qualsiasi regola) andando incontro alle conseguenze della sua infrazione. La terza è la via più complessa logicamente che cerca una terza soluzione che consenta di non infrangere la regola ma comunque di arrivare a ciò che quella regola, nelle intenzioni di chi l'ha fissata, voleva impedire.

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